Si potrebbero, a questo punto, formulare i proclami sulla verità, sulla libertà, sull'indipendenza di questo giornale. Si dovrebbero elogiare i redattori intrepidi che diranno sempre la verità e scriveranno con coraggio facendo i nomi di questo o quel potente di turno. Si vorrebbero sostenere alti e nobili inviti alla pubblica moralità ed al bene comune, beni di cui il giornale si candida alla difesa ed alla propalazione. Ma quella storia millenaria e la coscienza che ne deriva ce lo impediscono.
Non esistono gli uomini puri per auto-proclamazione e ciò vale per i politici, per i magistrati, per gli imprenditori ed anche per i giornalisti. E non è la capacità di coerenza del soggetto che può determinare la valutazione su quanto questo racconti o sostenga. Occorre piegarsi all'oggetto della comunicazione, vagliarne la fondatezza e la pertinenza. Leggere e confrontarsi, acconsentire o dissentire ma evitando dietrologie, calcoli, pettegolezzi. In fondo, occorre essere veri materialisti, come i cristiani che lo sono a tal punto da credere in un Dio fatto uomo, incontrabile in carne e ossa e sangue e sudore. Per meno di tanto, per un'ideologia o un club o una loggia, non varrebbe la pena di assumere il sacrificio di trasformare l'eroico in quotidiano ed il quotidiano in eroico. Petrolio o sanità, giustizia o banche, politica o lavoro; di questo leggerete e scriverete su questo giornale.